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Ricordi

Mi ero ripromessa di non scrivere sino alla pubblicazione di questo diario perché la co-creazione di questa casa virtuale sta assorbendo tutte le mie energie, tutti i miei pensieri e le mie emozioni. Mi sono, quindi, detta che avrei “partorito” e poi mi sarei concessa una tregua post partum, al posto della depressione, che mi ha invece raggiunta durante la gestazione.

E, invece, ci sono momenti che non puoi non raccontare, forse anche nel tentativo di trattenerne la memoria.

Oggi ho vissuto diversi di quei momenti. Mi soffermerò, in particolare, su due che hanno coccolato il mio cuore in questo momento fibrillante, in cui l’eccitazione per l’imminente nuovo inizio si mescola (in un amalgama non sempre armonioso) con l’inquietudine legata a una paura immotivata. Tra l’altro, ho sempre pensato, errando, che amalgama fosse un sostantivo femminile. Quante cose nuove sto imparando!

Il primo è stato quando ho incontrato Roxana, da St Concept Store (ebbene sì, un’altra splendida anima con il nome della fanciulla che ha contribuito in maniera determinante alla realizzazione del mio sogno!).

Appena è entrata nel locale, ho avuto una sensazione di benessere, di pace. Si è seduta di fianco a me, lungo il bancone, e ho pensato che probabilmente questa scelta si sarebbe rivelata non casuale.

Io stavo amabilmente chiacchierando con James, fiero e gentile americano, incontrato tempo fa e divenuto un punto fermo delle mie incursioni in questo splendido locale. Con la coda dell’occhio, tuttavia, cercavo di carpire qualcosa di questa fanciulla che, nel suo delicato silenzio, già mi trasmetteva tanto.

Il problema, di cui ti ho parlato in passato, dei confini non si manifesta soltanto riguardo alla mia parziale capacità di difendermi dagli altri, ma anche nel senso opposto, ovvero nella mia difficoltà a capire quando posso interagire con l’altro e per quanto tempo. Io, infatti, sono un vulcano in quasi costante eruzione e, se mi ispiri, il mio impulso a parlarti, e a farlo a lungo, è piuttosto incontenibile. Sto imparando. Sto imparando a riconoscere, innanzitutto, chi mi ispira davvero, così da non disperdere troppo le mie energie, e poi a comprendere se e quando è il momento giusto di iniziare, ma anche di finire. A volte, per scrupolo, nel bel mezzo di una conversazione, esordisco con un “parlo troppo?”. E l’altro, mediamente, si sorprende. E’ insolito, je sais, ma in realtà questo atteggiamento ha una sua antica ragione di essere, credo.

Sono la seconda di due figlie e, come spesso accade, il mio arrivo ha turbato gli equilibri della famiglia, soprattutto quello di mia sorella, la quale aveva già sette anni e si sentiva principessa del regno. Tanto più che era anche la prima di quelli che sarebbero stati undici nipoti, da parte paterna. E, come spesso accade, diciamo che non mi sono sentita proprio amabilmente accolta. Magari, era solo una mia sensazione. Chissà. Ad ogni modo, il mio carattere loquace non era proprio nelle sue corde e il mio obiettivo di farmi accettare era più forte di qualsiasi suo tentativo di respingermi. E così parlavo, parlavo e ancora parlavo, sino allo sfinimento, con esiti che ti lascio solo immaginare.

Ora, non saprei dire se questa sia la causa della mia logorrea o forse sono solo così, piena di cose da raccontare.

Ad ogni modo, torniamo alla deliziosa fanciulla del locale. Ho sentito che dovevo essere cauta, una felina “pettinata” e così ho lasciato fluire. Il momento opportuno è giunto, quando il mio occhio si è spostato ed è caduto su un piccolo libricino verde smeraldo. Non ho potuto resistere, le ho chiesto di parlarmene e da lì non abbiamo più smesso di chiacchierare…

Quanta felicità ho provato per questo scambio ricco e inatteso. E, comunque, anche con lei è scattata la domanda di rito: “parlo troppo?” e il suo sorriso dolce e accogliente ha guarito un po’ quella ferita. Ho capito che, dosando, imparando a dosare grazie all’osservazione e all’ascolto degli altri, la mia voglia di comunicare, non solo non nuoce, ma può essere portatrice di benessere.

Quando lei ha lasciato il locale, ho chiacchierato ancora un po’ con James e Sheida, un amore di fanciulla iraniana che è entrata nel mio cuore al primo sguardo, abbiamo riso un sacco parlando di abitudini e comportamenti del genere umano, con particolare riferimento all’Italian style, e poi sono andata via anche io.

Avevo voglia di Luogo divino, ho scritto volutamente avevo voglia di e non avevo voglia di andare da, perchè rende maggiormente l’idea del forte desiderio che è sopraggiunto.

Ti consiglio di sederti perché il racconto si fa lungo!

Luogo divino è un wine bistrot che ho scoperto grazie al mio girovagare e al mio entrare in connessione con le persone. Nella fattispecie, a parlarmene sono stati gli amici di Il Taglio – La Pizza per fetta, di cui ti parlerò in un altro momento. A rigore, dovrei parlare prima di loro perché li conosco da molti anni, li ho visti crescere si potrebbe dire, ma come saprai (e non se la prendano i miei cari amici) io seguo il flusso dei miei pensieri…

Dicevo che ho scoperto questo locale che è, non solo bello dal punto di vista estetico, incontra infatti pienamente il mio gusto con il suo arredamento elegante ed essenziale, molto curato, e con la sua cucina a vista, che mi permette di sbirciare e di chiacchierare con i suoi abitanti, ma ha anche un’anima gioviale e appassionata. Quindi, bello dentro e fuori, come si suol dire delle persone!

Quando varchi la soglia incontri sorrisi, gentilezza, organizzazione, dedizione, passione.

Diego, sommeiller, e Remo, chef, sono i due pilastri di questo luogo. Non conosco bene i loro trascorsi lavorativi, ma credo che si siano conosciuti al Ristorante Del cambio, storico e prestigioso ristorante di Torino, e che strada facendo abbiano deciso di aprire questo locale insieme (tra l’altro ti svelo un piccolo segreto: a breve ne apriranno un altro proprio di fronte).

Due persone davvero carine e disponibili, oltre che molto competenti. E poi, sempre sorridenti. Mai visto un posto in cui regnano una tale armonia e una tale atmosfera leggera, anche quando il ritmo è intenso e frenetico.

Recentemente, ci vado spesso per un piccolo aperitivo, con il mio immancabile libro che, puntualmente, non apro nemmeno, tante sono le sollecitazioni positive che mi arrivano dagli chef o dal personale di sala. Tutti, infatti, si adoperano per dedicarmi attenzione. Insomma, non sei un numero. Si sente che hanno a cuore il tuo benessere.

Stasera è accaduta una cosa bellissima: dopo aver ordinato il mio pinot nero del Trentino e un hummus al curry con focaccia, lo chef Remo mi ha fatto assaggiare in anteprima un piatto delizioso, la panissa ligure, che sarà in carta la settimana prossima, sicuramente arricchita di qualche dettaglio che la renderà unica (la porzione che mi ha offerto era più generosa di quella che vedrai sotto!). Così ha fatto, poco dopo, lo chef Cesare, con il suo dessert che ha chiamato il “dolce del cuore” perché si è ispirato, nel crearlo, alla sua infanzia. Devo dire che quando l’ho assaporato, senza sapere nulla di tutto ciò, ho provato la stessa sensazione. Questo è il bello del cibo: si trasmettono, attraverso esso, amore e passione, ricordi.

Il tutto per me è stato commovente. Amo quando le persone mi vedono (vedere nell’accezione che si desume dalla frase pronunciata da Le Petit Prince: “non si vede bene che con il cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi”) e si prendono cura di me. Mi dà un senso di pienezza. O meglio, mi fa toccare il cielo con un dito.

Ho cercato di non dilungarmi troppo. Non so se ce l’ho fatta. C’è una frase che ripeto spesso, per giustificarmi: “sarò logorroica, ma non sono noiosa”. Almeno, spero!

Con Amor,
FF

Brano consigliato: “Memoriesdi Maroon 5.

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