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Pavimento pelvico

Fino a qualche anno fa, per me, il pavimento era solo quello che mia madre lucidava sino a potercisi specchiare dentro. Quello che, alla minima riga o goccia, faceva gridare alla tragedia.

Solo recentemente, ho scoperto che esiste un pavimento pelvico. Un luogo, da taluni definito come un’amaca, da altri come una mutandina “sorreggi-organi”, di fondamentale importanza, sia per le donne sia per gli uomini. Finalmente, qualcosa in cui siamo in una situazione di par condicio.

Come spesso accade, ti accorgi dell’esistenza di qualcosa (o di qualcuno) solo quando inizia a darti problemi. Il mio si è stancato. Pare che abbia vissuto una mezza vita da guerriero, sempre all’erta a fronte di possibili attacchi/invasioni, e che, a un certo punto, abbia deciso di prendersi una tregua. Qual è il problema, dirai. Il problema è che si prende questo riposo quando non dovrebbe. Diciamo che è entrato un pò in confusione.

Come me, del resto, che dopo una vita passata a lottare ora non capisco bene quando difendermi e quando aprirmi. Insomma, come sempre, il corpo riflette il nostro modo di essere e sentire, nel momento.

Mi fa tenerezza questo fascio di muscoli. Lo accarezzerei e gli darei tanti bacini, per esprimere quella gratitudine che provo, in generale, verso un corpo che ho sottoposto ad allenamenti estenuanti. E no, non quelli di ginnastiche varie, ma quelli di una vita sempre tirata, sempre con i nervi tesi.

Sono felice perchè, sebbene tutto ciò che esula dalle mie abitudini mi crei inizialmente uno stato di disorientamento, sento che sto facendo qualcosa di importante per me: riappropriarmi di me, del mio corpo.

Sto imparando, insieme a lui, l’ascolto, la lentezza, la cura. Sto imparando che il mondo non è brutto e cattivo, che proteggersi ha un senso ma non in preda alla paura di qualsiasi catastrofe imminente, bensì come gesto di cautela nei confronti di se stessi. Insomma, come possibilità di darsi il tempo di conoscere e di scoprire persone e situazioni.

Ho avuto la fortuna di incontrare sul mio cammino Paola, che mi sta guidando in questa scoperta, con una gentilezza e un ascolto di me che ieri mi hanno commossa.

Recentemente, mi ritrovo a piangere lacrime calde e liberatorie in presenza di persone che mostrano una dolcezza nei miei confronti che ha la potenza di abbattere la mia dura corazza. E non mi vergogno di questo: accolgo queste emozioni così potenti come un dono.

Come mi ha detto Paola ieri, l’ipersensibilità è un dono. Un superpotere, lo chiamo io.

Al termine della seduta con lei, vi è un rituale bellissimo: pescare da un cofanetto, sul quale regna sovrana una farfallina, un bigliettino che reca una frase per te.

A me è uscita questa: non trovi che sia perfettamente allineata con ciò che sento in questo momento? Mi fa venire in mente la canzone meravigliosa di Elisa: “Anche fragile“.

Forte sì, ma anche fragile.

Con Amor,
FF

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