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Lo yoga non fa per me

Ieri ho partecipato a una lezione prova di yoga in un centro molto famoso, qui a Torino. E’ famoso per il suo maestro che pare avere un approccio che mette particolarmente di buonumore.

Me ne avevano parlato in passato due amiche, con un atteggiamento entusiasta. Anzi, forse entusiasta non rende l’idea. Pareva proprio la quintessenza del vivere.

Sia all’una che all’altra, ho risposto che lo yoga non fa per me. “No, non hai capito. Questo non è uno yoga qualunque. Questo è lo YOGA. Da quando l’ho scoperto è cambiato il mio modo di vivere la vita. Mi sento rinata”. Più o meno, questo è stato il tenore della loro replica.

In entrambi i casi, data la mia rigidità (o forse la chiarezza di idee e di intenti che mi governa), ho archiviato l’argomento.

Nei giorni scorsi, una vocina ha cominciato a sussurrarmi di fare più esercizio fisico. Sono piena di schede e di tutorial da fare a casa, ma giro in tondo. E allora mi sono detta: “perchè non riprovarci con lo yoga?”. E’ vero, infatti, come ho detto a loro, che l’ho provato in tutte le salse, ma il loro entusiasmo era contagioso e mi sono detta: “che non abbiano ragione?”.

Così, ieri ho provato. Sono partita con discreto anticipo e quando sono arrivata ho avuto il tempo di guardarmi intorno. Primo segno: il posto si trova nello stesso stabile in cui ha lo studio una psicologa, alla quale mi ero rivolta da ragazza, nel pieno delle mie crisi esistenziali, attentamente selezionata da mia madre. Esperienza da dimenticare. Dico solo che questa esimia professionista, tra le mille cazzate che mi diceva (il che a lungo mi ha fatto vedere la categoria come una specie che poteva tranquillamente estinguersi) mi motivava a tenermi un uomo anche se non era l’ideale per me, pur di averne uno. E non ho altro da aggiungere.

Vinco questo senso di disagio, dicendomi che tutto ciò appartiene al passato e che quella ragazza è diventata ormai una donna forte e sicura di sé, e vado al secondo piano.

Appena entro, vengo accolta dal figlio del maestro (il maestro è attualmente in India, solito culo!).

L’atmosfera non rientra nelle mie corde, ma per fortuna incontro una fanciulla deliziosa nello spogliatoio e comincio ad acclimatarmi.

Seguo tutta la lezione con al fianco uno che, come me, era in prova, e che avvertivo come una presenza sgradevole (infatti, alla prima rotazione delle braccia mi ha dato una manata!), sentendomi più rigida di un pezzo di ferro. E’ normale, mi dirai. Certo, lo è. Ma il mio corpo non ha gradito. Non si è sentito bene. Affatto.

E allora perchè costringerlo a fare qualcosa che non gli va?

Sono uscita sollevata, non per il rilassamento, pur interessante per certi versi, ma perchè so che non ci tornerò più.

Se una cosa non è per noi, non lo è e basta. E’ giusto provare, sperimentare, ma fino a un certo punto. A meno che qualcosa non scatti dentro di noi e ci faccia fortemente desiderare di seguire una strada, dobbiamo essere consapevoli che forzarsi non va bene. Che quello che va bene per altri (fosse anche per 99 su 100), non deve necessariamente andare bene per noi.

Riprendo la mia ricerca, felice di questa forte consapevolezza.

Con Amor,
FF

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