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Liberté

Sono giorni, questi, in cui mi sento molto stanca e ansiosa. L’ansia quotidiana si traduce in un’insonnia prepotente che mi condanna l’indomani ad essere stremata. Sinora, ho cercato di contrastare questa spossatezza con il caffè (poco, ma sufficiente a incrementare l’ansia e a creare un circolo vizioso).

Oggi ho provato a interrompere questo cerchio, a convivere con questa stanchezza cronica e a fare tutto ciò che mi fa stare bene, nella convinzione (ma forse sarebbe meglio dire nella speranza) che l’energia positiva che ne deriva arrivi a creare in me piacere, a stimolare le endorfine. A tal fine, cammino anche molto (a volte trascinandomi, ma non mollo). Ahimè, poi vi sono situazioni, ineliminabili, in cui la mia energia viene succhiata con la stessa avidità con cui un assetato, d’estate, succhia con la cannuccia una bibita fresca. Ma tant’è, ci devo convivere e lo faccio con sempre maggiore consapevolezza e distanza emotiva.

Eccomi qui a scrivere. Cerco di vivere tutto questo non come un “devo fare” ma come un “sento di fare, mi fa bene”. Non mi è sempre facile comprendere dove sta il confine. Cresciuta a pane (e il lievito non mi fa neppure così bene!) e senso del dovere, che fa coppia fissa con il senso di colpa (mai è esistita un’unione più solida!), mi alleno quotidianamente per individuare le differenze tra la mia programmazione e ciò che realmente desidero.

Scrivere, devo dire, mi dà sempre piacere. Su questo non ho alcun dubbio, ma non parlarmi di post per accattivare il pubblico, di frequenza per tenerlo incollato, di programmazione della messa online per quando non ho l’ispirazione. Posso essere sfacciatamente sincera? Mi farebbe piacere che qualcuno, a parte me e il mio vicino (lol), leggesse ciò che scrivo, ma non voglio che questa diventi la mia ennesima prigione. Ho tanto lottato per la libertà di essere me stessa da essere irremovibile su un punto: laddove avrò possibilità di scegliere, farò sempre e solo cose che mi corrisponderanno.

Questa ultima consapevolezza è stata il frutto di un lungo percorso personale che si è svolto anche attraverso i vari stadi di realizzazione di questo mio diario digitale. Molte le persone con cui ho collaborato, ognuna mi ha donato un pezzo di sé e anche un pezzo di me, visto specchiandomi in loro e nelle loro creazioni.

La persona che per prima mi ha compresa, e mi ha fatto sentire che ce l’avrei fatta, è stata l’illustratrice che ha realizzato un’immagine nella quale mi sono subito identificata. Non solo ha compreso in tempi brevi chi sono e cosa voglio, ma è riuscita ad abbattere i muri che precedenti esperienze piuttosto travagliate mi avevano indotto a ergere. Lei non si è arresa (e nemmeno io!) e ce l’abbiamo fatta! Guardate che capolavoro! Si chiama Dafne. Dafne Crocco.

Ogni passaggio mi ha reso forte e determinata anche quando si moltiplicavano da parte di amici e conoscenti i sorrisetti un po’ derisori, i “ma è solo un sito”, i “sì, va beh ancora con questo progetto” o, forse ancor peggio, gli sguardi indifferenti molto più eloquenti di tante parole. Non nascondo che sul momento questi atteggiamenti mi hanno molto ferita ma, a ben vedere, questo è stato un motore fondamentale perché ha fatto emergere in me una voglia di affermazione e un sentimento di rivalsa che non hanno avuto pari. Ringrazio, pertanto, queste persone, le quali forse non sono consapevoli dell’avermi motivata a resistere per dimostrare loro che ce l’avrei fatta, e alle mie condizioni, ma l’hanno fatto e questa è l’unica cosa che per me attualmente conta.

Ora dirò una cosa scontata, ma lascia che la dica: spesso chi assume certe posizioni proietta su di noi sue frustrazioni, suoi vuoti e sue paure. È molto difficile distaccarsi dalla portata velenosa di certi atteggiamenti e affermazioni ma se ci riusciamo, scopriamo che non è roba nostra e, credimi, questo dà una sensazione impagabile di leggerezza.

Ieri pomeriggio ho visto un film molto bello: “L’immensità” di Emanuele Crialese.

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Non conoscevo la storia del regista e ho scoperto a posteriori che il film è autobiografico. Mi piace andare al cinema senza sapere quasi nulla della trama e lasciarmi sorprendere.

Credo che parlare oggi di questo film sia più che mai pertinente e a breve capirai perché.

Il bello del mio approccio verso la narrazione è che parto senza sapere minimamente dovrò andrò a parare e magicamente gli argomenti si sviluppano con la massima naturalezza. Questo può accadere solo quando il cuore è libero e non abbiamo paura di essere giudicati per ciò che diremo o scriveremo, quando lasciamo fluire emozioni e pensieri. Io, quando scrivo, sento di essere il tramite di una voce illuminata. È una strana e fantastica sensazione. Tanto sono complicata e affannata nello svolgimento delle pratiche quotidiane e nel relazionarmi con gli altri, quanto quando scrivo mi trasformo in un essere etereo e impalpabile, perfettamente a suo agio con se stesso.

Lo stesso è accaduto con le opere di pittura astratta e collage che ho creato in passato, partendo dal nulla. Tutto è iniziato con la massima spontaneità, ma nel contempo con una sensazione di estraneità rispetto a ciò che stavo creando. Io che non ho mai creduto di avere un talento artistico o comunque capacità creative (ma che a ben vedere avrei dovuto immaginare di avere, considerato il gusto nel vestirmi e nel “decorarmi”), mi sono ritrovata ad un tratto a trafficare con tele, colori, pennelli, glitter e materiale vario. Mi sono scatenata!

Quella sensazione di alterità rispetto a me ha lasciato ben presto spazio a risultati che sono stati spesso fortemente rivelatori di dinamiche dell’inconscio e guaritori di ferite molto profonde. È stata una delle fasi più intense della mia vita. Poco importa il valore artistico di queste opere (per lo più non riconosciuto da chi le ha viste), ciò che è importante è stato l’effetto che tutto ciò ha avuto su di me. Credo che sia importante che ognuno di noi cerchi la sua via per esprimersi creativamente, in qualsiasi campo. Fa bene all’anima.

Lascia che ti mostri l’opera che più mi rappresenta (e più emoziona). Ti parlerò più approfonditamente di questa fase, in un altro momento. Ora, giusto un assaggio.

Dice molto di me, non trovi?

Ma torniamo al film. Molto toccanti le figure della madre, costretta in un matrimonio che la priva della possibilità di esprimersi per ciò che è (commovente la sua caparbietà, almeno fino a un certo punto, nel cercare di preservare i tre figli dagli effetti del suo matrimonio infelice), e della figlia Adriana, Adri, che si fa chiamare Andrea, perché non si riconosce nelle fattezze femminili e desidera essere vista per ciò che è, non per ciò che appare. Mi è molto piaciuta la scena del film in cui lei chiede alla professoressa di scienze, mentre osserva al microscopio una cellula, se è più importante quello che abbiamo dentro o quello che abbiamo fuori. Commovente la forza con cui Adri, Andrea, cerca di affermare ciò che è. E lo fa con un tono giocoso, leggero, soprattutto quando incontra una ragazza con la quale si sente finalmente libera e riconosciuta.

Non sono brava a scrivere recensioni di film e di libri e in altre occasioni ne avrai conferma. Quando li citerò, quindi, limitati a considerare lo spunto in sé e a farti permeare dalle emozioni che ti arrivano. Questo è il mio obiettivo: condividere informazioni e trasmettere sensazioni. Per il resto, avrai mille altri strumenti.

Bene, per oggi ho dato tutta me stessa. Ti lascio con queste riflessioni nel cuore.

Con Amor,
FF

Brano consigliato: “Rumore” di Raffaella Carrà. Canzone tratta dal film di cui ti ho narrato.

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