Oggi è la mia giornata ideale: uggiosa, piovosa e fredda. Quando c’è questo clima, do il meglio di me, divento euforica e piena di idee e di voglia di realizzarle. Non mi sono mai spiegata come sia possibile che una personalità esotica come la mia, con natali sabaudi, ma con ascendenze calabresi e pugliesi (quindi con un patrimonio genetico sicuramente più orientato al sole e al caldo), possa tanto amare l’autunno (ma ancor di più l’inverno), i paesi nordici e il buio.
Un dilemma affascinante che si risolve, credo, considerando l’assoluta unicità del nostro essere, che assume le forme più disparate a dispetto di qualsiasi spiegazione logica.
Ma veniamo a noi…voglio narrarti dei due episodi ai quali ho accennato in chiusura del mio ultimo racconto. Cercherò di essere breve, perché ho tantissime altre cose da raccontarti (sì, credici!).
Mercoledì sono andata dal medico sportivo consigliatomi dalla palestrina in cui ho deciso di iscrivermi, dopo un lunghissimo periodo di ginnastica fatta in casa, tra vecchie schede/reminiscenze e il fantastico sito di Fixfit.
Prima di arrivare nello studio, ho avvertito un’ansia crescente, apparentemente non collegata a nulla. Ora, sicuramente, come ti accennavo, ho un temperamento esuberante, vulcanico per la precisione, ma in quel momento era una sensazione diversa, una sorta di presagio.
Arrivata in studio, trovo una signora seduta sulle scale davanti all’ingresso, una gagliarda ottantaduenne mia compagna di corso (e sì, mi piace vincere facile!), che mi dice che il medico è un tipo burbero. Mi riferisce (questa espressione mi fa pensare ai verbali di poliziotti/carabinieri!) che l’ha appena sgridata per il fatto di non avere la mascherina. Empatizzo con lei e la tensione sale. Nel frattempo, mi rendo conto che ho anche sbagliato orario. Insomma, un mezzo disastro. Attendo paziente il mio turno con al mio fianco, in sala d’attesa, un’amabile (non ti dico quanto!) signora che ha pensato bene di descrivermi nei minimi dettagli i due anni di pandemia, con tanto di elenco di morti, di contagiati sopravvissuti e di precisazioni sulle scene di “guerra”. Insomma, molto rilassante.
Finalmente, arriva il mio turno. Entro in una stanza angusta, ad accogliermi il medico, che dal primo sguardo mi fa un’antipatia folle, ha un portamento rigido, un atteggiamento brusco e distaccato. Questa sensazione cresce e si concretizza in una incomprensione totale e reciproca nel corso del colloquio preliminare e in un conseguente irrigidimento da parte mia. Dopo le domande di rito, finalmente passiamo all’azione. Prima cosa: mi misura la pressione e strabuzza gli occhi. Mi dice: “lei ha la pressione molto alta, deve monitorarla con costanza. È per caso emotiva?”. Vorrei rispondergli: “io sarò anche emotiva, anzi lo sono e me ne vanto, ma lei non ha più la pallida idea di cosa significhino empatia e apertura verso l’altro”. Mi rendo conto di essere eccessivamente sulla difensiva ma il suo atteggiamento mi infastidisce, è più forte di me. Notare che avevo 140/70 e che sì è un po’ alta, ma da quel che ne so (mia madre mi aggiorna quotidianamente sui suoi valori pressori e sulle sue terapie) nemmeno così tanto. Non, comunque, da giustificare la sua reazione.
E dopo questo zuccherino, passiamo alla visita vera e propria. Appena ausculta il cuore, strabuzza di nuovo gli occhi e dice: “lei sa che ha un soffio al cuore?”. Me lo dice come se avesse appena scoperto che mi mancano pochi mesi di vita. Rispondo: “sì, lo so, mi hanno detto tutti che ce l’ho sin dalla nascita e che non è nulla di grave”. Incalza con “questo lo dice lei, deve assolutamente approfondire!”. E giù ancora con un atteggiamento molto allarmistico che culmina con “ma lei fa sforzi?”. Gli rispondo: “nella norma”. Mi esorta a fare molta attenzione e lo scrive anche nel certificato.
Ho cercato di porre fine in fretta a quell’incontro che è stato particolarmente sgradevole e mi ha anche un po’ spaventato. Ora, farò sicuramente un elettrocardiogramma in un centro, per mia tranquillità, ma sono quasi certa che abbia esagerato.
Resta il fatto che, al di là di tutto, questo medico ha avuto, ai miei occhi, un comportamento molto indisponente e che trovo grave l’atteggiamento di coloro che, avendo a che fare con la salute delle persone e con le loro paure più profonde (come quelle della malattia e della morte), non hanno un minimo di empatia e delicatezza. Ovviamente, non mi riferisco al mio caso specifico, che sicuramente attiene a qualcosa di non grave, ma in generale a tutti coloro che si rivolgono a un medico in presenza di situazioni più complesse, portando con loro un fardello di ansia e preoccupazioni. Meritano ascolto, rassicurazione e cura.
Non siamo numeri, siamo persone. Ricordatevelo, voi che vi occupate della salute. E aggiungo: se non siete in pace con voi stessi (e ne avete tutto il diritto), cercate un modo per ritrovare la vostra centratura. La vostra è una missione, non scordatelo.
Bene, ora légèreté!
Dopo aver fatto qualche respirazione profonda e aver mentalmente inviato qualche “vaffa” liberatorio all’illustre medico, mi sono preparata per andare all’inaugurazione di una mostra fotografica alle Gallerie d’Italia, magnifico luogo di proprietà del Gruppo Intesa Sanpaolo, aperto a Torino qualche mese fa.
Non avevo ancora avuto l’occasione di andarci e ho approfittato dell’evento, che mi pareva particolarmente invitante, per visitarle. Appena giunta, sono rimasta molto colpita dalla gentile accoglienza del personale all’ingresso. Volti freschi, amabili, sorridenti. Questo, magari, anche dopo molte ore trascorse in piedi. Chapeau!
Dopo aver sceso il fantasmagorico scalone, mi sono buttata nella mischia dell’inaugurazione, organizzata in modo impeccabile.

La mostra “Lisetta Carmi. Suonare forte” è stupenda. Mi ha nutrito il cuore, provato e anche un po’ risentito per via delle osservazioni ricevute. Osservando le immagini di questa fotografa, di questa donna, che percepisco come molto moderna, aperta e delicata, mi sono sentita viva e felice. E mi rendo conto che l’arte e la cultura sono un nutrimento indispensabile per me. Ne ho bisogno come dell’aria per respirare. Se dovessi definire le sue foto con un aggettivo direi: poetiche. Molto interessanti anche i video in cui lei racconta la sua storia, video che scopro a posteriori essere stati girati da Alba Rohrwacher.


Le due sezioni che mi hanno particolarmente colpito sono quelle dedicate al parto e ai travestiti.
In particolare, la prima mi ha fatto piangere per la commozione. Ma la cosa bella è che, ad un certo punto, mi sono girata e ho visto un uomo accanto a me che aveva gli stessi lucciconi negli occhi. Ci siamo sorrisi. È stata magia.





Evviva l’arte, evviva la bellezza! Nutri il tuo cuore con ciò che ti fa sentire pieno e felice.
Con Amor,
FF
Consiglio di ascolto: “Heart by heart” di James Blunt.