Mi sono rotta il cazzo (sì, hai letto bene) di essere una brava bambina, gentile e accondiscendente ma, soprattutto, così facendo, di permettere agli altri di trattarmi come uno straccio su cui pulirsi i piedi.
Mi accade da tutta la vita. Ho iniziato a farmi piccola quando piccola lo ero davvero. Per paura, per quieto vivere, per istinto di sopravvivenza. Quel che colpisce, però, è che crescendo, questa attitudine è rimasta radicata in me, e ha dato vita a una quantità inimmaginabile di atteggiamenti remissivi che si sono moltiplicati in modo esponenziale, come le erbacce nel terreno.
Assisto tutti i giorni alle conseguenze di questa pesante maschera che indosso. Può essere la commessa della libreria che mi redarguisce davanti a tutti, senza averne fondato motivo peraltro. Può essere l’amico del locale che non mi dà retta perchè “tanto siamo amici e tu capisci”. Può essere la persona che mi tratta ripetutamente male, che mi rifiuta per dirla tutta, e io le rispondo sempre con il sorriso (e qui entrano in gioco anche altre dinamiche).
Recentemente, ho incrociato sul mio cammino una “medica” (come si definisce lei) spagnola, specializzata in dinamiche famigliari, detto in estrema sintesi. Ho avuto con lei un colloquio conoscitivo e mi ha detto, in quei pochi minuti, delle cose che mi hanno aperto un mondo.
Una di queste, per esempio, è stata che incrocio questo tipo di persone, che come sappiamo mi fanno da specchio (“L’altro è uno specchio” è uno dei messaggi di FF), proprio per sentire che dentro di me, come in ognuno di noi, dimora un lato oscuro. Un lato che non mostro quasi mai per paura di non essere accolta (ma tanto non lo sono nemmeno nella versione artefatta di me).
Un invito, insomma, non dico a essere stronza ma a esprimermi anche in modo meno carino e compiacente, senza nulla togliere alla mia natura dolce, gentile ed accogliente.
Prima di esercitarmi in tal senso, voglio raccontarti di una persona incontrata tempo fa da Paltò. Te ne parlo sia perchè è una presenza molto preziosa nella mia vita, sia perchè stamane in un bellissimo messaggio vocale mi ha fatto sentire la parte luminosa di me, in una versione che mi ha toccato il cuore e mi ha fatto sognare. Questo per dire che gli incontri non sono tutti nefasti, ve ne sono alcuni che mi fanno lo stesso effetto della mia copertina rosa di pile con stelline dorate, cosparsa di profumo di meringa al limone.

Andrea, questo è il suo nome, è una creatura che io adoro. E’ dolce, sensibile, ironico. Da un incontro fugace è nato un sodalizio, per usare un termine calzante da lui scelto, che è magico. Ci scambiamo opinioni, consigli, sensazioni ma, soprattutto, ridiamo. Ridiamo di ciò che ci ostacola o ci ferisce in un modo tutto nostro di alleggerire l’atmosfera.
Da questa profonda connessione, spesso nascono spunti particolarmente interessanti e costruttivi.
Oggi, per esempio, mi ha detto una cosa bellissima, ovvero che il tono e il modo che ho di raccontarmi gli ricordano una di quelle trasmissioni radiofoniche notturne, che spesso sono state al centro di film (il cinema è una comune passione).
A lui sono venuti in mente due film che mi ha consigliato: “Talk radio” di Oliver Stone e “Radio days” di Woody Allen. A me “I passeggeri della notte“, di cui ti ho forse già parlato, che ho adorato.
Ad ogni modo, le sue parole non solo mi hanno scosso da giorni di apatia ma mi hanno anche illuminato sulla possibilità di realizzare qualcosa del genere, magari sotto forma di podcast. Qualcosa come “la nuit di FF“, in cui potrei raccontarmi con voce suadente ogni sera. Andrea dice che quello che narro tocca spesso tematiche nelle quali è facile riconoscersi. Credo che abbia ragione. Vedremo.
Niente da fare, neanche oggi sono riuscita a esprimere il mio lato da bad girl, ma uno spiraglio si è aperto. Rimango in trepidante attesa di quel che accadrà.
Con Amor,
FF
Brano consigliato: “Lasciarsi un giorno a Roma” di Niccolò Fabi. Mi fa sempre tanto riflettere la parte che dice: “qual è il grado di dolore che riesci a sopportare
prima di fermare l’esecuzione…”. Io di dolore ne ho sopportato anche troppo. Stop.