Con il nome che mi è stato dato alla nascita, che peraltro mia madre ha anche sognato, le cose non potevano che andare come sono andate (come accade sempre, d’altronde): Daniela, Dio è il mio giudice.
A quanto pare, inizialmente, voleva chiamarmi Serena. Ignoro l’etimologia di questo nome, ma mi è sufficiente rifarmi al significato dell’aggettivo per affermare che mai e poi mai sarebbe stato adatto a me, che sono inquieta e tormentata da sempre.
Mi fa molto sorridere quando le persone mi dicono: “mi trasmetti tranquillità”. “Beato te!”, mi verrebbe da rispondere, perchè io tra me e me di pace e tranquillità ne vedo ben poche!
Tornando al significato del mio nome, come accennavo è perfettamente aderente al mio bagaglio emotivo.
Il giudizio, feroce e senza sconti, verso me stessa accompagna le mie giornate. Non so dire, e comunque non credo, se faccia parte della mia natura, o se invece, più verosimilmente, sia qualcosa che mi è stato instillato e ribadito ogni giorno.
So solo che fa tanto male. Fa male perchè non mi dà tregua. Si può dire, infatti, che da un lato sia una molla a migliorarmi e a evolvere, ma dall’altro non riesco a godere appieno delle mie enormi conquiste (che, inutile dirlo, a me sembrano sempre minuscole).
Parlando di giudizio, mi piace pensare alla sua versione positiva ovvero alla carta dei tarocchi (la n. XX, la penultima degli arcani maggiori).

Meravigliosa questa versione, che si chiama “Le tarot mystique“, scoperta grazie alla meravigliosa Ligia, una creatura brasiliana che parla l’italiano meglio di molti Italiani, grande appassionata ed esperta della materia.
Ebbene, nei tarocchi il Giudizio ha una connotazione positiva. Parla di evoluzione, guarigione emotiva e spirituale, di nuova saggezza. Mi fa pensare a Giulia (una fanciulla che è stata molto preziosa per me e che sarà per sempre nel mio cuore) che chiama questa carta “Il giudizio universale”, rifacendosi, credo, all’idea di liberazione.
Come puoi notare, il mio scintillante percorso è illuminato per lo più da Donne. Rare sono state, infatti, finora le figure maschili che hanno fatto ardere il mio fuoco sacro, ma credo che ciò sia legato soprattutto alle mie ferite e alla conseguente diffidenza sviluppata nei confronti degli uomini. Piano piano, arriverà anche quello.
Tornando alla mia tendenza a giudicarmi negativamente e a cercare varie forme di autopunizione, l’altro giorno mi ha fatto sorridere Janet, una cara amica inglese che mi sta delicatamente accompagnando in questo viaggio avventuroso, che, di fronte alla mia lista di “dovrei”, ha replicato: “ah beh, anche io dovrei mangiare meno biscotti!” (peraltro, mi pare una tipica battuta da humor inglese!). Ha alleggerito la conversazione che stava diventando un vero macigno. Le sono stata molto grata per averlo fatto.
Che poi, a ben vedere, siamo tutti un pò intrisi di “dovrei”, di risultati da raggiungere, di cose da esibire. Ma questa è libertà? Non credo. O meglio, lo è solo se ti rende felice.
Io sto provando a mollare, a mollare il controllo, le aspettative, a smettere di analizzare cosa avrei dovuto fare o non fare, dire o non dire. A provare a godermi gli attimi di rara felicità (ho coniato tempo fa questa espressione e la adoro!).
Ieri, per esempio, ho letteralmente avuto un orgasmo mentre assaporavo i fichi, acquistati al mercato di Piazza Madama Cristina da Il tempo delle mele, con un divino prosciutto crudo (di Rosa dell’Angelo). Premetto che è tutt’altro che economico, ma ne vale assolutamente la pena!


In quel momento, ho ringraziato perchè non è affatto scontato ciò che ho. Non sono brava a compilare il diario della gratitudine, a fine giornata; ci ho provato, ma non funziona. Preferisco sviluppare la capacità di essere presente a me stessa e di ringraziare sul momento. Che sia in un modo o nell’altro, credo che sia molto importante farlo. I motivi sono diversi, quello che più sento mio è legato allo spostare i pensieri su qualcosa che mi dà piacere. E, credimi, ne ho davvero tanto bisogno.
Con Amor,
FF
Brano consigliato: “Giudizi universali” di Samuele Bersani.