Ieri sera ho chiuso la mia giornata intensa con un film che ho già visto, credo, una decina di volte. Potrei dire di conoscere quasi tutte le battute a memoria.
Si tratta del film “Suffragette” con le insuperabili Carey Mulligan, Meryl Streep e Helena Bonham Carter.

Ciononostante, ogni volta, non manca di emozionarmi. No, questa definizione non è sufficiente a descrivere come mi sento quando vedo film ambientati in quel contesto. La verità è che sono pervasa da brividi in tutto il corpo per tutta la loro durata.
Se, come credo, esistono più vite, io sicuramente sono stata una di loro. Lo sento profondamente, non so come spiegarlo, è qualcosa che per me è viscerale, è un pensiero totalmente irrazionale, ma nel contempo così vero per me. Mi riconosco nella loro forza, nel loro coraggio, nel non arrendersi mai, nella loro sete di giustizia, nel sopportare qualsiasi cosa pur di raggiungere gli obiettivi posti, nel fare rete tra donne.
Recentemente, mi riconosco in modo particolare nel loro mantra “Fatti, non parole“.
Sono sempre più “asciutta” nel mio modo di vedere la vita (eh no, non nel corpo!), non mi incantano più le belle parole, i toni delicati, le lusinghe. Se tutto questo non si accompagna ai fatti.
Se qualcuno ti promette qualcosa e non lo fa, le parole non valgono niente.
Se qualcuno ti dice che ti ama e non ha tempo per te, non gioisce per le tue conquiste, non vuole che tu sia libero, non ti valorizza, usa le tue fragilità contro di te, le parole non valgono niente.
Se qualcuno parla dall’alto del suo piedistallo, con saccenteria (anche tu, come me, pensavi che si dicessi saccenza?) e atteggiamento da guru, ma poi non ti comprende profondamente, le parole non valgono niente.
No, di più. Le parole non solo non valgono, ma sono fuorvianti.
Occorre essere lucidi e presenti a se stessi, stare in ascolto di quella vocina, sopraffatta da mille stimoli e rumori, che urla per farsi udire e che ci dice di guardare i fatti. Solo i fatti.
Chissà come si saranno sentite queste donne, in un’epoca fortemente patriarcale, a fare i salti mortali per far valere i propri diritti, a patire gravi conseguenze fisiche e morali, a vedersi portare via i figli come accade a una delle protagoniste nel film, di fronte a uomini che le sbeffeggiavano e promettevano senza mantenere.
Se solo ci penso, mi viene una rabbia furiosa. Forse un pò di quella rabbia, me la sono portata dietro in questa vita perchè ci sono cose che osservo intorno a me, o che mi capitano proprio, che mi fanno infuriare, appunto.
Una volta, un medico mi disse: “lei è una finta tranquilla, in realtà dentro nasconde una tale rabbia…”. Avrei da ridire sul sembrare tranquilla, perchè tutto mi pare di essere tranne quello, ma non sulla rabbia, di cui non posso negare il frequente insorgere.
Sto imparando a non soffocarla, a trasformarla in un fuoco sacro di creatività. Ma credo che già il fatto di riconoscerla sia un primo importante passo.
Per fortuna, prima di vedere il film ho allietato i miei sensi da Kadeh (sì, sì, so che te lo ricordi!).
Sotto una pioggia battente, sono arrivata alle 19 spaccate, ora di apertura, per avere il tempo di fare due parole con Stefan, sempre più gentile, dolce e accogliente (e sempre più biondo!), con la mia adorata Federica, che quando mi ha vista mi ha accolta con una tale gioia da farmi commuovere, con il nuovo arrivato Renato, che mi pare essere molto preparato (quanto mi piace fare le rime!) e molto garbato (doppietta!) e Rakesh (sicuramente, gli avrò cambiato i connotati, che non me ne voglia!), che finalmente dopo quasi un anno mi ha parlato per più di dieci secondi!
Ma a dirla tutta, e sono certa che non se la prenderanno, il momento di massima goduria (il cosiddetto punto G) è stato raggiunto quando ho addentato LUI.

Ragazzi, quanto ho atteso quel momento…
Mi dispiace contraddire il filosofo tedesco Lessing, ma per me “l’attesa del piacere non è il piacere stesso”. Sarà che mi sono stufata di attendere!
Sarò chiara con l’Universo e con i suoi abitanti: voglio fatti (e anche coerenza, già che ci siamo)!
Con Amor,
FF