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Epigenetica

Concludo brevemente due discorsi che ho lasciato aperti. Sono una “precisetti”, è più forte di me!

Un amore” di Sara Mesa è un libro denso, intenso, complesso, fastidioso a tratti.

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La protagonista Nat, in certi passaggi, mi ha fatto venire voglia di scuoterla dall’indolenza e dalla passività in cui versa. Mi sono tristemente e dolentemente rivista in lei, nella sua remissività, nella sua dipendenza affettiva, nel suo indugiare in modo ossessivo in situazioni “non adeguate”, nel suo rinunciare a far sentire la sua voce, anche quando tutto intorno a lei non fa pensare ad altro che ad una sua reazione risoluta.

C’è una frase che mi ha molto colpita, già all’inizio, e che mi ha fatto sentire che questo libro mi avrebbe catturata, dalla prima parola all’ultima: “E’ meglio non pensare, ma i pensieri arrivano e scivolano attraverso di lei, intrecciandosi. Cerca di farli uscire alla stessa velocità con cui entrano, ma le si accumulano dentro, un pensiero sopra l’altro. Quello sforzo – fare in modo che entrino ed escano e non si accumulino – è già di per sé un pensiero troppo intenso per la sua testa”.

Direi che queste parole ci introducono con sufficiente chiarezza al personaggio che si svilupperà nelle pagine successive.

Un libro notevole. Assolutamente consigliato!

Il secondo argomento, al quale ho accennato e che voglio approfondire, è quello del tappetino Mysa, un’invenzione svedese basata sui benefici della digitopressione, che, da molti anni, insieme al cuscino abbinato, utilizzo nelle circostanze più disparate. Ah no, non pensate male! Mi riferisco per lo più ad addormentamenti notturni (ormai ci dormo su circa tre ore per poi sfilarlo più o meno dolcemente e passare al cuscino con grani di miglio) o a brevi ma ristoratori riposini diurni, ma anche a camminate a piedi nudi per stimolare le zone della riflessologia plantare. Per me è diventato la copertina di Linus, tanto da seguirmi in ogni mio spostamento.

Ne sono talmente entusiasta da parlarne a gran parte delle persone con cui entro un po’ in confidenza, alcune delle quali non hanno poi potuto resistere alla tentazione di acquistarlo! A volte, mi dico che un giorno potrei anche pensare di diventare rappresentante del mitico tappetino. Credo che, come si suol dire, “riuscirei a vendere il ghiaccio agli eschimesi”. D’altronde, se uniamo le mie doti comunicative e la mia indole idealista/invasata alla mia passione per questo prodotto, non potrebbe essere diversamente!

Bene, ora ti racconto un po’ della mia giornata.

Dopo aver goduto di qualche ora di sole, preso dalla finestra di camera mia (non ci crederai ma ero in costume e ho sudato) e aver sistemato un po’ la casa, anche se continuo a rimandare le mal sopportate pulizie, sono partita alla volta del centro. Ci vado spesso e sempre con grande piacere. Grazie all’abbonamento annuale Gtt e alla fermata del bus sotto casa, sono invogliata a utilizzare i mezzi pubblici; non c’è niente di più bello, infatti, di potersi spostare senza stress e con la possibilità di leggere un buon libro.

Questo accade anche quando intorno a me si crea una ressa da stadio. È incredibile, infatti, come io riesca, quando leggo, non solo a far tacere il grillo parlante che si è installato nella mia mente, ma anche a isolarmi dal resto del mondo.

Queste parole richiamano alla mia mente un ricordo, raccontatomi da mia madre: una delle sue sorelle, un giorno, mentre aspettava il marito nell’auto parcheggiata in doppia fila, leggeva e, a quanto pare, ha continuato a leggere anche quando un carro attrezzi ha agganciato l’auto per portarla via. Ora, quanto vi sia di vero e quanto di romanzato in questo racconto non saprei dirlo ma, conoscendo mia zia, potrebbe anche essere vero. In ogni caso, l’aneddoto mi fa sempre tanto ridere e ogni volta che leggo sul bus, isolandomi dal mondo esterno, penso a questa caratteristica ereditata da lei!

A proposito di ereditarietà, e perdonatemi i continui cambiamenti di scenario, mi sto avvicinando al tema dell’epigenetica, con particolare riferimento al tramandarsi, attraverso le generazioni, dei traumi. Ne parlo senza possedere alcuna competenza in materia. Sto giusto approfondendo un aspetto che mi ha da sempre affascinato, soprattutto con riferimento alle donne del mio albero genealogico.

Lo spunto mi è giunto dal titolare della libreria Ca’ libro di Ciriè, luogo che adoro e che visito puntualmente ogni volta che mi reco nel ridente paese nella provincia di Torino. Matteo, il libraio, è una persona molto preparata nel suo campo, sorridente e accogliente. L’ultima volta che sono passata per chiedergli come trovava un libro che gli avevo consigliato (e che lui ha iniziato davvero a leggere, che soddisfazione!), siamo arrivati a parlare di epigenetica e mi ha consigliato un libro, che ho poi acquistato, della casa editrice Atlantide. Il libro si intitola “La dinastia dei dolori” e l’autrice è Margherita Loy, figlia di una nota scrittrice, Rosetta Loy (ma questo me l’ha detto lui, io non la conoscevo).

La casa editrice, sono andata a leggere, è molto particolare e il suo modo di lavorare, non solo si distingue dagli altri, ma è anche, ai miei occhi, molto affascinante per la cura dei dettagli. Ogni stampa su carta di pregio conta solo 999 copie, ciascuna numerata (la mia è la n. 955 – ovviamente sono andata a vedere il significato di questo numero sul libro “I numeri degli Angeli” di Kyle Gray). Per ogni ristampa, viene modificato un elemento, che può essere per esempio il colore utilizzato per il titolo della copertina. Non è meraviglioso?

Io, ormai entrata nell’era della presbiopia che si è aggiunta alla miopia e all’astigmatismo, non riesco a leggere i caratteri più piccoli ma spero che tu riesca a farlo!

Ma non è finita (quando mi documento lo faccio con tutti i crismi), infatti oggi alla libreria La Feltrinelli di Torino Porta Nuova ho acquistato un altro libro a tema. Si tratta di “L’eredità emotiva” di Galit Atlas, autrice che svolge l’attività di psicoanalista e di supervisore a New York.

Presto mi dedicherò a questo argomento e spero di poterti dire qualcosa di più rispetto ad ora.

La mia giornata è continuata da Punto Pane in Via Mazzini 54d, un panificio di recente apertura, dove potrai trovare una delle migliori baguette di Torino (e detto da un’anima francese come me ha ancora più valore, come mi hanno fatto notare loro!). Ma non solo, squisiti sono anche i panini da hamburger con i semini sopra (uno è appena finito nel mio pancino insieme alla carne Giotto di Eataly!).

Una volta giunta lì, data l’ora tarda, ho deciso di fermarmi per assaggiare una delle loro piadine. L’ho scelta farcita con hummus di barbabietola e cipolle caramellate (impasto realizzato con farine di grani antichi e senza strutto). Era deliziosa. L’ho consumata nella sala annessa al panificio, in compagnia di una simpatica signora, che ha mangiato una quantità industriale di pizza con lievito madre, e del suo timoroso cagnolino. È stato un momento piacevole e rilassante.

Il pomeriggio in giro si è concluso in fretta, a causa di uno stivaletto molto scomodo, acquistato in un negozio di Torino, che non citerò perché mi sono ripromessa da tempo di parlare solo di ciò che mi piace, anche se sarei tentata di farlo data l’antipatia e l’atteggiamento fortemente snob delle sue due proprietarie.

Apro breve parentesi per scagliarmi contro gli snob. È una categoria che da sempre mal sopporto. E la Vita spesso mi ci fa imbattere. Che sia senso di inadeguatezza il mio? Può essere oppure è semplicemente un: “ma ancora state a guardare la bellezza, i soldi, il successo, la posizione sociale? Non avete ancora colto l’essenza della vita…”, aspetto che probabilmente, in via residuale, è ancora presente in me, dato che in ogni incontro scatta “l’effetto specchio”, come è spiegato bene qui.

A tale proposito, quando provo disagio per qualcosa o nel rapporto con qualcuno, mi ripeto spesso un estratto di una preghiera che ho letto una volta, non ricordo dove: “Lascio andare quella parte di me che si irrita pensando a te”. La trovo straordinariamente potente e liberatoria.

Ad ogni modo, una volta giunta a casa, ho iniziato un lavoro che rimandavo da tempo (diciamo che in generale sono una discreta procrastinatrice): fare la cernita di fogli e documenti posizionati in un contenitore nell’ingresso che funge da archivio temporaneo. Quando ho tirato fuori tutto, ho avuto un attimo di panico (e di stanchezza alla prospettiva di dover riordinare), ma poi a mano a mano che lo facevo ho provato un senso di liberazione e di soddisfazione.

Per oggi è tutto, voglio vedere il film “Fernanda”, che sta per iniziare. È la storia della prima direttrice della Pinacoteca Brera.

Con Amor,
FF

Brano consigliato: “Debout les femmes”. Un inno femminista che mi fa vibrare. Lo ascolto spesso per dare respiro a questa parte di me così forte e così a lungo soffocata…

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