Stasera mi sento davvero arrabbiata e delusa. Ti capita mai di sentirti così o come me fai sempre finta che vada tutto bene perché quasi ti giustifichi di esistere?
Persino la candela arancio dolce e mandorla di Nasoterapia, che di norma apprezzo molto, in questo momento mi infastidisce. Pensa come sono messa!
Il mio anno è iniziato di merda. Esattamente come è finito. Il 31 sera mi sono recata a cena da mia madre. Lo faccio da anni perché mi dispiace che debba trascorrere da sola una serata in cui tutti festeggiano, più o meno allegramente. Vado, mangio, guardiamo un po’ di tristissime trasmissioni televisive, in cui tirano fuori dal cappello magico artisti che non si vedono il resto dell’anno, a mezzanotte apriamo un piccolo spumante (anche se forse dovremmo passare a quello grande!), mangiamo una fetta di panettone e, sotto il fuoco nemico di petardi e botti, rientro a casa.
Quest’anno, si è aggiunto il carico da novanta alla terribile notizia che avevo ricevuto nel pomeriggio riguardo alla morte del mio amico, ovvero mia madre ha lamentato tutta la sera di non sentire la parte destra della testa. Chiaramente, questo mi ha fortemente inquietato e anche una volta tornata a casa, verso le 23, perché lei ha voluto andare a letto (ha, infatti, rifiutato sia la mia proposta di andare al pronto soccorso sia quella di chiamare la guardia medica), l’agitazione non si è placata e non ho chiuso occhio tutta la notte.
Ho trascorso il primo giorno dell’anno con i postumi dei giorni precedenti, trascinandomi da una stanza all’altra (per fortuna ne ho più di una) e cercando di uscire per distrarmi, ma con scarso risultato. Insomma, un altro giorno da dimenticare.
Ma il top del top è stato il 2 gennaio quando, avendo ricominciato a respirare per l’imminente arrivo della fine delle feste, a metà mattina ho ricevuto la telefonata di mia madre, la quale con la stessa nonchalance con cui normalmente mi detterebbe la lista della spesa, mi dice: “devo andare al pronto soccorso perché la dottoressa sospetta un’ischemia”. In realtà la nonchalance era apparente, ovviamente, e lei era terrorizzata. Giustamente. Mollo quello che sto facendo e volo da lei. Ci rechiamo al pronto soccorso, dove scopro che gli accompagnatori non possono entrare e così trascorro sei ore fuori, al freddo e con una buone dose di agitazione. Due note positive in tutto questo: sospetto ischemia infondato e in attesa, insieme a me, ho trovato un angelo terreno con il quale ho condiviso tempo, preoccupazioni, ma anche chiacchiere e sorrisi.
La Vita pensa sempre a tutto. Non credo che avrei resistito tutto quel tempo in quelle condizioni, se non avessi incontrato lui.
La cosa particolare, a posteriori, è stata la differenza di conseguenze della giornata su me e su mia madre. Lei, a 84 anni, è uscita di lì, sì stanca, ma con la forza di sperticarsi in lodi su come è stata trattata e sottoposta ad accertamenti, tanto da scrivere il giorno dopo a “Specchio dei tempi” de “La Stampa” per elogiare l’ospedale e l’operato del suo staff. Io ne sono uscita, sì sollevata e felice per lei, ma distrutta sia emotivamente sia fisicamente.
Premesso che in una situazione del genere, ho fatto quello che qualunque figlio amorevole avrebbe fatto, e quindi non ho alcun merito particolare, voglio partire da quanto accaduto per fare una considerazione e una riflessione di più ampio respiro, in tema di dedizione agli altri.
Io sono del segno zodiacale della Vergine. Ebbene, pare, ma mi sento di affermarlo con sufficiente certezza, che noi, nati sotto questo segno, non siamo proprio capaci di dosare nel dare agli altri e di pensare a noi stessi. Anteporre i nostri interessi e i nostri bisogni a quelli altrui, o anche solo, dare loro pari valore, ci sembra un crimine contro l’umanità. Niente da fare. Ho 50 anni e ci provo da parecchi anni ma sono ancora molto indietro.
Un misto di senso di colpa, senso del dovere, paura di non essere riconosciuta e amata se non servo e riverisco gli altri, mi impedisce di farlo.
Ecco, se c’è un proposito per il nuovo anno è questo: imparare a pensare di più a me stessa, a dedicarmi la stessa cura che dedico agli altri.
Tra l’altro, non molto tempo fa, una cara zia, che in questi giorni ha compiuto 94 anni (eh sì, hai letto bene), mi ha detto, con tono piuttosto deciso: “tu hai pensato sempre troppo agli altri e poco a te stessa”.
Più chiaro di così, non si può. Lo prometto ufficialmente: inizierò a dedicarmi tutta la cura che merito.
Probabilmente, è più facile che impari a ballare il foxtrot e ti assicuro che non sono assolutamente portata per la danza. Ma ci voglio provare. Eccome, se ci voglio provare. D’altronde, il gene calabrese (e la tenacia da guinness dei primati ad esso correlata), oltre che in mia madre, dimora sicuramente anche in me.
Bonne nouvelle année,
FF